stefano.alessandrelli

01 Novembre 2019

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«Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ‘ troni assai suonan più bassi,

e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria.»

 

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Canto ventunesimo del Paradiso, versi 106-111)

Monastero di Fonte Avellana (980 d.C.)

Le sue origini risalgono alla fine del primo millennio d.C. e sono strettamente legate alla storia della congregazione dei Camaldolesi. L’eremo fu forse fondato da San Romualdo nel 980. Notevole impulso diede all’abbazia l’opera di San Pier Damiani, che qui divenne monaco nel 1035 e Priore dal 1043, non solo per l’ampliamento delle costruzioni originarie ma anche per un forte sviluppo culturale e spirituale che fece dell’eremo un punto riferimento religioso e sociale. La tradizione riporta il numero di 76 santi e beati vissuti nell’eremo.

L’Eremo viene citato nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI) da Dante Alighieri, il quale sembra che ne sia stato anche ospite.

Eretta abbazia nel 1325, Fonte Avellana divenne una potenza socio-economica e, di lì a poco (anno 1392), conobbe la pratica della commenda (XIV – XV secolo). Nel 1569 fu soppressa la congregazione autonoma avellanita che aveva sino ad allora retto il monastero, passando alla congregazione camaldolese. Nemmeno quarant’anni dopo, nel 1610, passò alla congregazione cenobitica camaldolese di San Michele di Murano.

Fonte Avellana restò “commendata” fino a quasi tutto il 1700, ed anche se ebbe commendatari come il cardinale Giuliano della Rovere (poi Giulio II), che lasciarono segni di carattere edilizio ed abbellimenti del tutto degni di nota, nondimeno risentì profondamente degli inevitabili condizionamenti, motivo per cui la decadenza della sua vita monastica fu inesorabile, anche se lenta.
Tale declino si concluse con la soppressione napoleonica del 1810 e di lí a poco quella italiana del 1866. Tornata sotto la gestione dei monaci camaldolesi nel 1935, oggi Fonte Avellana ha ritrovato il suo antico splendore, sia spirituale sia architettonico.

Il 5 settembre 1982 Papa Giovanni Paolo II ha visitato Fonte Avellana in occasione delle celebrazioni del millenario della fondazione dell’Eremo. Nel marzo dello stesso anno il Papa aveva elevato la chiesa abbaziale alla dignità di basilica minore.[1]

Dal 2007 anche il Giardino Botanico del monastero, da sempre riservato ai monaci, è aperto al pubblico.

Antica Farmacia dei monaci camaldolesi

Nella tradizione monastica medievale lo studio delle erbe e la loro coltivazione erano attività tradizionali, talora indispensabili per la sussistenza stessa del monastero che, per motivi di scelta religiosa, era isolato dal contesto sociale.

In tutti i monasteri c’era un hortus sanitatis dove venivano coltivate le piante medicinali, sotto la direzione del monachus infirmarius, un monaco con specifiche funzioni sanitarie, che, sulla base delle informazioni apprese dai libri e dell’esperienza, aveva l’incarico di curare i malati, monaci o pellegrini che fossero.

Oggi è presente la Farmacia dove è possibile acquistare prodotti come miele, tisane aromatiche, profumi, essenze e liquori prodotti dai monaci.

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