Le frammentarie documentazioni storiche di cui si dispone sull’abbazia non aiutano a comprendere a fondo la reale evoluzione del cenobio: questa venne probabilmente fondata dai conti Atti, signori di Sassoferrato, alla fine del XII secolo per i monaci benedettini, e costruita da maestranze lombarde sopra i resti di un tempio romano con materiali di spoglio, provenienti dall’antico e vicino municipio di Sentinum.
Da una bolla di papa Innocenzo IV (1243 – 1254) sappiamo che la comunità monastica di Santa Croce era sotto la diretta protezione della Sede Apostolica.
Il periodo di maggior splendore e floridezza economica fu fra il XIII e il XIV secolo, quando l’abbazia espanse rapidamente la sua influenza e giunse ad avere alle proprie dipendenze circa 50 chiese e molti priorati in diverse diocesi, fra cui quelle di Camerino, di Nocera Umbra e Senigallia, e vasti possedimenti, costituiti da lasciti e donazioni, verso la zona della Marca, da Arcevia fino a Serra dei Conti: inoltre, con quest’ultima località vi furono anche dei contatti di tipo religioso, tanto è vero che alcuni monaci di S. Croce, hanno esercitato il proprio servizio pastorale in questa zona. A tale epoca, l’abbazia fu anche un importante centro di spiritualità, tanto che accolse nel monastero molti religiosi, compresi due beati: Alberto da Sassoferrato († 1350) e Gherardo di Serra dei Conti (1280 ca. – 1367).
Nel 1448 papa Niccolò V cede il monastero con tutte le sue rendite al conte Pandolfo degli Atti: è questo l’inizio della commenda che segna il principio della decadenza dell’abbazia.
Nel 1613 Paolo V inserisce il cenobio nella Congregazione Camaldolese.
Nel 1808 il monastero subì la soppressione napoleonica, ma i monaci vi rientreranno nel 1821. Nel 1860 verrà nuovamente soppresso e i suoi beni incamerati dallo Stato italiano.